mercoledì 28 settembre 2016

L'Arte che non c'è

L'arte che ha preso una piega che non la porta a riflettere su quello che è stato il secolo passato, ma, alla ricerca istintiva di altri linguaggi, rischia di annullarsi nel concetto che fin qui è maturato intorno ad essa che comprende la pura visibilità, l'idea della trascendenza, la simulazione, l'astrazione, l'imitazione, il didascalismo, la creazione di un linguaggio figurativo concreto o fantastico e tutte le altre correnti pittoriche che fin qui si sono alternate e avventurate nella comunicazione visiva.

L'invenzione ha preso il sopravvento quando per distinguersi si è cercato di emularsi nella difficiele ricerca di altri linguaggi, quando è già difficile di per sè divulgare in modo corretto comprensivo con un linguaggio unversale i concetti più semplici.

Le università e chi le frequenta hanno adottato linguaggi di altri che non hanno volutamente tradotti, ma solamente riprodotti nei suoni per sfuggire le regole della comunicazione verbale e visiva aveva necessariamente posto fin dall'inizio di una ordinata discettazione degli argomenti del vivere di ogni giorno che non può ridursi al vocabolario dei bisogni primari.

Ripercorrere il passato serve quel tanto che basta a ricordare le nostre diversità nell'affrontare la soluzione dei nostri bisogni che si sono manifestati dalla nostra nascita.

Come sarà il futuro ? Ci saranno soltanto acronimi, simboli, immagini, frammentazioni di esse che pure qualcuno si ingegnato per riprodurre nei modi più diversi per annotare l'aspetto effimero della nostra memoria che a una certa età confonde le cose e il passato col presente.

Gli orientamenti sono molteplici, perchè molteplici restano gli interrogativi da risolvere nonostante la nostra impotenza, considerati i miliardi trascorsi dalla nascita della materia animata fino ad oggi.
Come i ruminanti torniamo indietro a rimasticare quello che abbiamo già vissuto per motivi i più vari.

Cerchiamo di dimostrare che siamo ad un passo dalla divinità del fare, anche se i passi avanzano alla velocità di un centesimo di millimetro ogni secolo.

Se fosse esatta la mia misura il miracolo potrebbe avvenire fra breve, ma per fare bisogna comprendere e per comprendere abbiamo bisogno di penetrare il linguaggio dell'universo, della creazione. I tanti che la studiano ci intrattengono con illusioni che neppure Paracelso poteva immaginare dando all'occulto del passato un riconoscimento di un mistero che mistificavano nell'impotenza di comprenderlo e di renderlo operativo.

Dove sarò prossimamente ? cosa mi troverò davanti nella prossima pagina ? La mia incapacità a comprendere i fenomeni che si addensano intorno. Molti saranno effimeri, inconsistenti, altri che furbescamente conservano ancora tratti riconoscibili ci traghetteranno per qualche termpo fino alla nuova tendenza e ai nuovi entusiami per una idea futura capace di alleviare i limiti di un linguaggio ancora e solamente terreno.

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