mercoledì 31 agosto 2016

L'acqua è di tutti ma non le acque minerali...

L'acqua è di tutti in quanto è l'unico elemento naturale che ci può dissetare. Lo ricordava anche il vescovo di Rieti nella sua omelia durante la messa celebrata per i morti di Amatrice che l'acqua al pari dei terremoti è una manifestazione della natura. Mentre abbiamo paura dei terremoti o dell'acqua nel suo defliure a valle quando arriva dal cielo in maniera copiosa, non abbiamo paura di essa quando la beviamo per dissetarci, per rifornire il nostro corpo che senza di essa morirebbe.

Pretendiamo che sia di tutti senza guardare agli sprechi, ma non può essere di tutti quando diventa minerale con proprietà curative.

La prescrizione dell medicine è  demandata ai medici, come era degli stregoni che trattavano l'uso delle piante in maniera empirica per la cura dei propri vicini.

Le acque minerali per uso civico devono essere necessariamente vietate. La legge sanitaria del nostro paese è l'unica che deve garantire la salute dei cittadini, ma i cittadini non possono in maniera prepotente stravolgere le regole tecniche del vivere civile.

E' compito degli amministratori la tutela della salute pubblica ( soggetti giuridici incaricati) amministrandola nella sua totalità con la severità che tale incarico richiede.

L'uso civico preteso dai miei compaesani, vietato altrove, non può essere preteso ed ammesso. Va fatta da parte degli organi precitati una campagna di informazione sulle conseguenze e sui benefici che l'utilizzo delle acque minerali comportano a dispetto di quelli che amministrano la cosa pubblica sull'onda degli umori della piazza e dimostrano di non avere nessuna idea del compito per il quale si sono proposti e nessun programma politico di risanamento e di crescita ordinata dell'economia e del benessere economico e sociale di chi stanno amministrando.
                                                                                          
                                                                                                              Gioacchino Ruocco


Parchi gioco accessibili ai bambini con disabilità motoria

Parchi gioco accessibili ai bambini con disabilità motoria

Buongiorno a tutti, ho un bambino di 7 anni affetto da distrofia muscolare di duchenne, una malattia che porta alla degenerazione di tutti i muscoli.
Mio figlio non ha quasi più forza nelle gambe e nelle braccia, non riesce a salire e scendere le scale e, se cade, ha bisogno di essere aiutato ad alzarsi. Dopo questo, vorrei aggiungere chemio figlio è un bambino che vuole FARE, GIOCARE, stare in mezzo ai suoi coetanei.
Il problema è quando ci imbattiamo in UN PARCO GIOCHI. Lui non può giocare come gli altri, inizia a piangere e innervosirsi e a me si spezza il cuore.
Chiedo che ogni comune faccia per legge un parco con giochi accessibile anche ai meno fortunati.
Questa petizione sarà consegnata a:
  • sindaci italiani


Irene Salerno ha lanciato questa petizione con solo una firma e allora ci sono 13.516 sostenitori. Lancia la tua propria petizione per creare il cambiamento cui ti preoccupi.

domenica 28 agosto 2016

I RAGAZZINI CHE GIOCANO A GOMORRA SONO PIÙ VERI DI GOMORRA


I RAGAZZINI CHE GIOCANO A GOMORRA SONO PIÙ VERI DI GOMORRA


pubblicato 

Tra la pizza del Vomero e quella di Via dei Tribunali, la differenza salta agli occhi. Nelle storiche pizzerie del centro, la pizza è una sfoglia sottilissima, si allarga al di là del piatto e il cornicione ricade sul tavolo. I camerieri hanno una patente specifica per vorticare tra i tavoli affollatissimi senza farsela sfuggire. In collina, si fa più alta e più piccola, il cornicione è rialzato e contiene a malapena un pericolante carico di condimento bollente. In comune hanno un certo grado di sfida per l’assaggiatore che vuole usare il metodo tradizionale delle mani e, in fondo, anche il sapore prelibato, ma la disposizione visiva inganna, facendole sembrare pietanze appartenenti a culture culinarie lontane.
Siamo in una delle pizzerie del Vomero, per una cena post mostra. Calixto Ramirez, nato nel 1980, a Reynosa, Messico, da due anni a Roma, ha appena inaugurato Cuatropasos | napoli a Castel Sant’Elmo, presentando una serie di opere ispirate a una passeggiata per Napoli. Nel locale, l’atmosfera è gradevole, le ampie porte sono spalancate e un’aria fresca si sovrappone agli effluvi del forno a legna e della cucina. La televisione è sintonizzata su Juventus-Milan valevole per la finale di Coppa Italia ma il campionato è ormai finito e gli ultimi scampoli di calcio non interessano molto il pubblico in sala, più attento al proprio piatto che al pallone.  La tavolata è lunga e piacevole, ci sono galleristi di Trieste e Milano, amici di Roma e alcuni collaboratori del Castello. Gli argomenti di discussione sono vari, tra fritture e paccheri allo scoglio si inizia a parlare di lavoro ma si finisce con il tempo libero e gli hobbies, fino ad arrivare all’argomento serie tv e, per una metonimia dettata anche dalla specificità del luogo, a Gomorra. I pareri sono abbastanza unanimi, è un prodotto esteticamente curato, con tutti i crismi delle grandi serie tv d’oltreoceano, facilmente esportabile, calato nel momento storico, un manifesto dell’attuale situazione partenopea. Qualcuno dice che le critiche a Saviano, al suo lavoro e ai suoi derivati, sono odiose e controproducenti, perché l’unico modo per vincere sul male è conoscerlo. Nel grande piatto al centro del tavolo, troneggia una montagna di alici indorate e fritte, ne infilzo una con la forchetta, pensando che questo gesto non fa di me il pronipote del capitano Achab o un comandante di vascello.
Calixto Ramirez, Cuatropasos | napoli, veduta della mostra, 2016
In questi giorni, un video prima pubblicato su Youtube e poi ripreso da tutti gli organi di informazione più o meno accreditati, dal "Corriere della Sera” a "Dagospia”, sta scatenando una ridda di commenti. Nella descrizione si legge che ci troviamo in un vicolo alle spalle di piazza Dante, da un balcone una persona filma alcuni ragazzini. Due parlano tra loro e camminano lentamente, seguiti a pochi passi da un altro che riprende la scena con lo smartphone. Arrivano davanti a un portone chiuso e si fermano per alcuni secondi ad aspettare. Due coetanei si avvicinano, si scambiano qualcosa e poi si allontanano velocemente, nello stesso momento in cui arrivano altri due, passo spedito e sicuro, brandendo pistole che tenevano nascoste dietro la schiena. Con le braccia tese, la pistola giocattolo sembra una protesi ancora più spettacolare, i piombini rimbalzano sui muri, uno dei due esecutori camuffa la voce preadolescenziale con accenni gutturali grottescamente minacciosi. Poi i due scappano verso una piccola bicicletta, ferma sul cavalletto, dalla parte opposta del vicolo. Fanno per inforcarla ma poi si fermano e tornano sui propri passi. Il ciak è chiuso, tutti si scambiano pareri molto coloriti sulla corretta riuscita dell’azione. Uno dei ragazzi con la pistola, probabilmente l’attore principale e il regista, fa sentire le sue ragioni. A questo punto il video si interrompe e sia sui commenti dei Social Network che nei titoli dei giornali, la scena viene immediatamente riferita a Gomorra, la cui attesissima seconda stagione è appena iniziata. C’è chi rimane impressionato dalla scenografica crudezza del gioco infantile, chi scrive che l’emulazione è il vizio del millennio. In linea di massima, si ritorna sugli schieramenti di sempre, sulle sponde opposte di chi glorifica Gomorra per aver aperto una luce su un argomento oscuro e di chi vi vede una lunga sequenza di banalità. La cosa che più mi colpisce è il ragazzino che, ponendosi in una situazione di confine tra gioco-realtà, ha ripreso tutto con il suo cellulare.
Fotogramma dal video
Faccio un po’ di ricerche sull’argomento e leggo un articolo di Aldo Grasso, pubblicato sul Corriere qualche giorno prima della diffusione di questo video, in cui si scrive che «La seduzione di Gomorra, inutile fingere, sta tutta nella sua capacità di rappresentare il Male. Che non va solo mostrato, ma interpretato: con la scrittura, con l’asciuttezza dei dialoghi, con la forza narrativa, con il dovere di restituire la complessità del reale». La lettera maiuscola sul male è tutta sua, capisco la vena filosofica tributata a questo termine e, infatti, la discussione, amplificata dal video dei ragazzini napoletani, ritorna immancabilmente alla vexata questio su cosa viene prima, tra la realtà e la rappresentazione. Una domanda sulla quale ci si interroga da sempre e la cui risposta non può essere ricercata in Gomorra che, al più, è solo la conseguenza, e non la causa, di una metodologia di approccio alla realtà e alla sua immancabile percentuale di finzione.
Fotogramma dal video
Forse il malinteso è sorto quando si è fatta ricadere un’ipotesi di conoscenza in una serie tv che, come tutte le produzioni di spettacolo, ha le sue precise necessità di tempi e di azioni, regole scritte e imposte che non possono restituire la complessità di quello che chiamiamo reale. Un posto al sole conta più di 4500 episodi, è la più longeva soap opera italiana ed è ambientata a Napoli, anche se in luoghi molto diversi, eppure nessuno l’ha caricata di pretese gnoseologiche. Allo stesso modo, non posso affermare di conoscere la situazione della sanità pubblica italiana dopo aver visto tutte le stagioni di Un medico in famiglia. Sarebbe scorretto giudicare Gomorra attenendosi ai parametri di un saggio di Baudrillard o di un’inchiesta giornalistica ma riprendendo quelli di Breaking Bad, per riferirsi a un prodotto vagamente somigliante, si può dire che la serie italiana è ben fatta, segue fedelmente alcune direttive tipiche del genere del racconto criminale, usando uno stile curato fin nei particolari, aggiornato e omologato a un contesto globalizzato, prendendo qualcosa dal Pulp ma inserendovi accenti di reale che stonerebbero nel ritmo del Pulp, Fiction per eccellenza.Gomorra vuole rappresentare la realtà intricatissima della malavita organizzata napoletana, come più volte espressamente rimarcato dal regista Stefano Sollima, ed è in questo rifiuto della finzione la sua peculiarità, nell’aver bloccato la macchina da presa sulla conoscenza del vero, immaginando un prodotto ispirato ai canoni di un realismo rigoroso, in un’epoca orientata dalla sfumatura e dalla permeabilità. In Gomorra, il male è una patina seducente e compatta ma questa superficie esteticamente perfetta, che attrae proprio per la sua sfida tesa al reale, per la sua provocazione ed evocazione del quotidiano, appare anche cristallizzata, una scenografia entro la quale si ritrovano tutti i personaggi e i caratteri tipici di una rappresentazione tradizionale. Se al posto di Ciro l’Immortale e Don Pietro Savastano ci fossero stati Pulcinella e Maradona, se al posto delle pistole e della droga ci fossero stati pizza e mandolino, Gomorra sarebbe uguale a com’è, magari con un nome più rassicurante. I ragazzini che giocano a Gomorra saranno sempre un po’ più veri di Gomorra

Il caso Peter Doig


IL CASO PETER DOIG

pubblicato 

Una lunga diatriba legale ha infuocato l’estate dell’arte, protagonista l’artista scozzese Peter Doig. Per raccontarvi la storia completa dobbiamo tornare indietro a 40 anni fa, quando un impiegato di una casa di correzione in Ontario acquistò per 100 dollari il dipinto incriminato da un carcerato, un tale Pete Doige, il cui nome è visibile sul retro della tela. 
L’ufficiale della casa di correzione, Robert Fletcher, nel 2013 decise di vendere l’opera attraverso il gallerista di Chicago Peter Bartlow, quando Doig fu informato della vendita dichiarò che non era lui l’autore di quel quadro. La reazione del gallerista e del proprietario della tela è stata una causa contro il pittore, accusato di dire il falso nel negare la paternità del dipinto. Così ha preso il via il lungo processo che si è concluso pochi giorni fa dopo una settimana di testimonianze. Oltre a quella di Doig stesso, risolutiva è stata la mossa dei suoi legali che hanno affermato che l'opera in questione fu dipinta da un altro uomo, Peter Edward Doige, morto nel 2012. Una delle sorelle di Doige ha fornito la prova al processo che suo fratello era un detenuto presso il centro correzionale, che amava dipingere e che la firma sul lavoro era la sua. A confermarlo un ex insegnante di arte al centro correzionale, che ha ricordato che il dipinto di Doige fu realizzato durante cinque settimane tra il 1976 e il 1977. 
Il pittore scozzese però ha dovuto dimostrare di non essere stato in carcere, fornendo documenti che provavano la sua presenza sulle piattaforme petrolifere in Canada occidentale, e ha affermato stizzito che: «il fatto che un artista vivente debba difendere la paternità del proprio lavoro in tribunale non sarebbe mai dovuto accadere», e che nessuno degli argomenti dell’accusa poteva reggere di fronte alla sua testimonianza. Il caso si è concluso con una vittoria schiacciante di Peter Doig, dopo mesi e mesi di lotte, che l’artista ha voluto e potuto portare a termine, fungendo così da precedente per tutti gli artisti che spesso si trovano coinvolti in casi simili. Il lieto fine c’è, ma nessuno è felice e contento, né Doig, infastidito dalla faccenda, né i querelanti, che affermano di voler ricorrere in appello. 

venerdì 26 agosto 2016

Doniamo il jackpot del Superenalotto ai terremotati del centro Italia

Adesso fa' il passo successivo verso la vittoria

Sei una delle 340.134 persone che hanno firmato questa petizione. Adesso aiuta a trovare 159.866 persone in più per raggiungere l'obiettivo.

RESTITUIRE, ANCHE L'UGUAGLIANZA


RESTITUIRE, ANCHE L'UGUAGLIANZA

   
 Ancora cambi di rotta in Germania, stavolta però "a fin di bene" viene da dire. Ad essere riformata, stavolta, è la Commissione Limbach, ovvero quell'istituzione che si occupa di restituire ai proprietari legittimi i tesori saccheggiati dal Nazismo. E che attualmente funziona ben poco  
 
pubblicato 

Dopo la legge per la tutela dell'arte "germanica" come bene di stato, tanto discussa e attaccata su più fronti, per il ministro della cultura tedesco Monika Grütters c'è un nuovo impegno, che forse non farà così polemiche come il decreto citato sopra. Si tratta della riforma della Commissione Limbach, ovvero un gruppo di esperti istituito nel 2003 per mediare nelle controversie delle proprietà dell'arte saccheggiate durante il Nazismo, e impegnandosi a restituire il maltoto ai legittimi proprietari in base ai Principi di Washington del 1998. 
Peccato che anche qui, da 13 anni, le cose sembrano andare maluccio: Ronald Lauder, il fondatore della Commissione per il recupero delle opere e presidente del World Jewish Congress ha riportato che il display finora ha funzionato ben poco, con solamente trecidi casi vagliati in 13 anni, mentre l'Olanda è a quota 140, dal 2002. raccomandazioni; l'equivalente olandese ha emesso più di 140 dal 2002. 
I principi di Washington, approvati da 44 Paesi nel 1998, includono una raccomandazione che i governi dovrebbero stabilire: la commissione dovrebbe avere una "composizione equilibrata", cosa che in Germania sembra mancare. E sulla mancanza di un componente ebreo la Grütters, lo scorso marzo, aveva detto che si trattata di un affare intenzionale, perché una persona ebraica sarebbe stata l'unica voce prevenuta riguardo simili processi. Ed erano fioccate le accuse di antisemitismo. Signora Grütters, anche qui, a quanto pare, c'è parecchio da cambiare. (MB)

giovedì 25 agosto 2016

SANTE MONACHESI

Sante Monachesi

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Sante Monachesi
Sante Monachesi (Macerata10 gennaio 1910 – Roma28 febbraio 1991) è stato un artistapittore e scultore italiano, fondatore nel 1932 del "Movimento Futurista nelle Marche".

  • Biografia
Sante Monachesi nasce a Macerata nel 1910 dove.terminati gli studi all'Istituto d'Arte di Macerata, si trasferisce a Roma, dove presso il Centro Sperimentale di Cinematografia frequenta il corso di Scenografia. Il volume di Boccioni “Pittura e scultura futuriste” ispira la sua produzione artistica degli anni'30, crea l'Extra Plastica Futurista Aerodinamica, con le strutture “spiraliche” e “diagonali” in pittura e scultura.
Nel 1932 è tra i fondatori del Gruppo Futurista Marchigiano”Umberto Boccioni, Futuristi nelle Marche”, con Bruno Tano ed altri artisti, Nel 1934 in occasione delle onoranze di G. Leopardi nell'“Esposizione d'arte antica e moderna” a Recanati la sua prima personale di pittura e scultura nello stesso anno. È l'inizio di un intenso ritmo espositivo che vede Monachesi partecipare alle principali manifestazioni del terzo decennio sia in Italia che all'estero. Nel 1937 partecipa all'Esposizione Universale di Parigi” con l'opera “La gran luce”. Nel 1938 espone un'opera di aeropittura”La grande volta” all'Esposizione nell'Art Department della Columbia University di New York e nello stesso anno alla XXI Biennale di Venezia. 
Nel 1939 espone alla III Quadriennale di Roma, con la presentazione di F.T. Marinetti., Dopo l'esperienza futurista proietta la sua ricerca nella elaborazione di una poetica figurativa attraverso larghi piani cromatici e sintetiche profilature che caratterizzano la sua pittura negli anni '40 e '50. Sono di questo periodo i temi pittorici più noti di Monachesi, ispirati anche al suo soggiorno a Parigi nel dopoguerra;come le “Parigi” i ”Muri ciechi” i“Fiori”e le“Clownesses”. Partecipa nel'43 alla IV Quadriennale di Roma. Nel'45 sempre a Roma insieme a De Chirico e Mafai espone alla galleria San Bernardo,. 
Partecipa nel 1946 alla mostra del gruppo neocubista,”Corpora ”, Fazzini, Guttuso Monachesi Turcato”alla galleria del Secolo di Roma
Nel '50 partecipa alla XXV Biennale di Venezia, mentre viene presentata a Parigi alla galleria Silvagni la seconda personale “Le nouvelles Peintures de Monachesi”. nel 1951 è presente alla VI Quadriennale di Roma. È ancora presente alle Biennali di Venezia del 1954 e del 1956. Nel 1952 vince il premio del presidente della repubblica al Premio Michetti a Francavilla a mare [1]. Nel 1954 vince il Premio Michetti [1].
Monachesi sempre interessato alla ricerca, disponibile a nuove avventure estetiche e ispirato dai nuovi materiali plastici realizza negli anni '60 le sculture in gommapiuma ed in polimetilmetacrilato.In sintonia con queste nuove scoperte sulla materia e sulla energia attraverso, anche, la conquista dello spazio e lo sconvolgimento dell'agravitazionalità fonda nel 1964 il movimento “Agravitazionale”e stila il I Manifesto Agra'. Un movimento in cui l'utopia diventa credibile espressione estetica e si concretizza nella levità delle forme con le opere in “Evelpiuma”. Attraverso la scultura in Evelpiuma “Legare e sciogliere” Monachesi crea“L'extra Plastica Agra'dell'epoca Agravitazionale” Questa innovativa esperienza è documentata da importanti e numerose mostre, come: le opere in Evelpiuma che furono esposte nel 1965alla Triennale dell'Adriatico (Civitanova Marche Palazzo delle Esposizioni) e a Roma alla Galleria “l'Astrolabio”. Nel 1969 espone le sue opere in perspex a Caorle nella Rassegna”Nuovi Materiali e Nuove Tecniche”, e alla Biennale Internazionale d'Arte di Lignano in” Avanguardia di Monachesi 1930-.1969”(sculture di perspex).1977 Siena Palazzo Patrizi “Un fatto nuovo” mostra antologica di Monachesi.nello stesso anno Jesolo “L'evelpiuma e l'universo Agrà di Monachesi” mostra e convegno “Legare e sciogliere”con Franco Basaglia1979 Parigi, Cappella della Sorbona“Legare e sciogliere”L'universo Agrà di Monachesi “ Negli ultimi anni, sempre attivo e pieno di curiosità per il futuro, continua la sua ricerca di scultore e pittore nella definizione di nuovi orizzonti per l'arte.

Da un Evelpiuma (1970)
Dal 1960 è docente alla cattedra di Decorazione all'Accademia di Belle Arti di Roma. La sua lunga carriera artistica è testimoniata da importanti ed approfonditi contributi critici sulla sua opera e da numerose mostre in Italia e all'estero. Dopo la sua morte, avvenuta a Roma nel 1991, numerose esposizione sono state allestite oltre che in Italia in sedi internazionali. Roma Palazzo delle esposizioni, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Milano Museo della Permanente, Parigi Centre GeorgesPompidou, Londra, Barcellona, Monaco, New York Galleria Del Re, WashingtonD.C, Ottawa, Tokio
Dal 2001 le sue opere sono presenti a Roma al Ministero degli Affari Esteri nella collezione “Artisti Italiani del XX Secolo Alla Farnesina”a cura di Maurizio Calvesi, e sempre per l'iniziativa del Ministero degli Affari Esteri la sua opera è presente nella mostra itinerante”Viaggio nell'arte Italiana 1950-1980-Cento opere della Collezione Farnesina”. a cura di Maurizio Calvesi. nel 2006 Monachesi Perspex ed Evelpiuma1959 1969.Galleria Nazionale d'Arte Moderna Roma, a cura di M.V. Marini Clarelli e M. Gargiulo nel 2008 Lyon Musee des beaux-art de Lyon”Repartir à zéro 1945-1949” comme si la peinture n'avaint jamais existé, sus la direction deE'.de Chasey S. Ramond. 2009 maggio/giugno “Monachesi Silenzio Agravitazionale galleria il Saggiatore, Primaverile Argam Roma nel 2010 nell'anniversario dai cento anni dalla nascita Il museo Fondazion Roma Museo gli dedica una importante antologica “ Monachesi” a cura di S. Papetti. Luce Monachesi e Donatella Monachesi, con cento opere più rappresentative del suo percorso artistico
Sante Monachesi, nel 1939 sposa l'artista Giselda Parisella (1916-1991) ed hanno due figlie Luce e Donatella
Del suo lavoro hanno scritto molti critici e intellettuali tra i quali Filippo Tommaso Marinetti,Antonio Marasco, Palma Bucarelli,Giorgio de Marchis,Giulio Carlo Argan,,Giorgio Bassani,Cesare Vivaldi, Giuseppe Marotta,Aldo Palazzesi,Giuseppe Marchiori, Elverio Maurizi,Franco PassoniEmilio Villa,Franco Cagnetta,

Paesaggio, 1955, Olio su Tela

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b [ istituto luce servizio sul premio Michetti]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Emilio Villa (a cura di), Sante Monachesi, Carte Segrete, Roma, 1970
  • Emilio Villa - Elverio Maurizi, Monachesi, La Nuova Foglio, Pollenza, 1975
  • Franco CagnettaMonachesi sconosciuto, Edizioni La Gradiva, Roma, 1977
  • Franco Cagnetta (a cura di), Cento scritti di e su Monachesi, Edizioni La Gradiva, Roma, 1978
  • AAVV, Legare e sciogliere: l'evelpiuma e l'universo agrà di Monachesi , Marsilio, Venezia, 1978
  • Simonetta Lux (a cura di), Sante Monachesi, 1910-1991: l'insolenza, Giorgio Corbelli, Brescia, 1996
  • Maria Vittoria Marini Clarelli - Marina Gargiulo (a cura di), Sante Monachesi: perspex e evelpiuma, 1959 - 1969, De Luca Editori d'Arte, Roma, 2007

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