SCRIVE una signora che il suo nipotino ha coniato il verbo "cincinnare ". Il neologismo non allude al ritirarsi a curare il proprio orto dopo aver vinto una battaglia, come si dice che fece Lucio Quinzio Cincinnato. No, il "cincinnare" è il tintinnare di cristalli, o vetri meno nobili, durante un "cin cin", rito che peraltro non manca mai di incuriosire i bambini. La cerimonia si chiama "brindisi" ma il fatto in sé del bicchiere contro bicchiere non ha un suo nome. Lo chiamiamo "cincinnare"? Perché no? Non sarà mica peggio di "petaloso"!
Dopo che l'Accademia della Crusca ha detto che sì, in fondo, "petaloso", anche se del tutto inventato da uno scolaro di Copparo, Ferrara, è una parola ben formata, ce lo si poteva aspettare. Non c'è bambino che non inventi parole e da allora ogni altro nuovo conio infantile è stato rivendicato da genitori, nonni, docenti che lo hanno ascoltato e annotato come possibile estensione del lessico nazionale, sempre all'insegna dello stesso principio: "Non sarà mica peggio di petaloso, che vi piace tanto!".

Sembra che all'incauta, ma si spera divertita Crusca, sia giunta la bellezza di cinquecento proposte di nuove parole alla settimana, dopo che aveva diffuso la sua autorevole expertise su "petaloso". Fra le nuove proposte la maggioran- za è in "-oso": "smoggoso", per inquinato e dunque malsano; "profumoso", "dondoloso", "cernieroso". Ognuna si riferisce a realtà più o meno intuibili. Al proposito ci sono i precedenti, a loro modo autorevoli: quello di Forattini con "comodosa" e "risparmiosa" e quello di Antonio Banderas con "inzupposo".

Ma fra le invenzioni infantili sono comparsi anche "brontolite" e "sbrocchevo- le": lemmi a cui invano daremmo la caccia dentro alla riserva di un vocabola- rio, ma che pure possiamo comprendere anche fuori da un loro contesto qualsiasi. "-ite" è il suffisso delle infiammazioni, la "brontolite" sarà allora un ardente e fastidioso inconveniente per chi indulge al malcontento; "-evole" è un'inclinazione, e quindi "sbrocchevole" sarà chi "perde la brocca" presto e volentieri.

Andiamo avanti. Come "sbrocchevole" viene da "sbroccare" così "sdallare" verrà da Dalla, il musicista Lucio di cui si sono appena onorati gli anniversari di nascita (4 marzo 1943) e morte (1 marzo 2012). "Sdallare" significherebbe impiegare parole senza senso, come lo "sprassolati" solo bolognese della canzone "Quale allegria". Ma più estensivamente "sdallare" ci parlerà di un'attitudine libera, cioè non in soggezione, verso gli usi linguistici più codificati. "Sdallare" significa immaginare destini diversi per le parole più fruste, usate più strumentalmente. L'alunno che ha coniato "petaloso" stava chiaramente sdallando, e manco lo sapeva. Beato lui.

Il fatto è che l'invenzione linguistica raramente è assoluta. Il più delle volte si appoggia a pezzi di lingua preesistenti che sono nuovi solo nel loro montaggio e rivelano così facilmente il significato che si è loro voluto dare. Lo stesso "petaloso", da cui tutto è partito, deve la sua forza non tanto alla sua novità quanto al collaudato stato di servizio degli elementi da cui è composto. Notevole per la sua costruzione analogica è "paceggiare", inteso come azione opposta al "guerreggiare": in un'epoca (e in un'epica altrettanto meschina) in cui "guerra" si traduce in "peace keeping", un lemma come "paceggiare" svolgerebbe un'azione quasi chiarificatrice, se solo le parole in sé potessero svolgere mai una qualsiasi azione. Ma invece una parola, nuova o usata o desueta che sia, può ambire al massimo a farci esprimere e (sperabilmente) farci comprendere meglio.

Il gioco di noi tutti si svolge fra i limiti del linguaggio che abbiamo ricevuto e le forzature che esso consente. Sapere che petalosa non è solo la rosa, ma lo è anche il suo nome è indubbiamente un vantaggio. Parlando ne possiamo sfogliare tutti i petali e questo sarebbe il miglior principio linguistico da inculcare già in tenera età: le parole sono meno importanti che petalose. Possiamo solo offrirle, e chi le riceve deciderà da quale loro parte prenderle. Tanto vale sceglierne di colorate.


Nota. 
Sono trascorsi più di trentanni dall'invenzione della parola rubarolo, da parte di mia figlia, che al mio rientro dal lavoro, che mi portava in giro presso contadini ed aziende di vario genere, mi vedeva sempre arrivare con le mani piene di derrate alimentari o di altro genere che tornavano utili all'economia familiare, acquistate presso i produttori a costi molto convenienti. Le spiegazioni fornite non arrivarono a segno per cui lei prese a definirmi rubarolo pur non avendo nessun pretesto per farlo. Non me la sono mai legato al dito anche se lo scrisse in un compito in classe alla seconda elementare. La maestra non ne parlò mai pur essendo una vicina di casa. Sapeva del mio lavoro e non la prese sul serio. Non prese neppure l'iniziativa di inviarla alla Crusca. Erano altri tempi, anche se non eravamo nel Medio Evo.
La parola è inesistente anche se la sua radice è il verbo rubare.