giovedì 11 febbraio 2016

Casson: "Il Cairo non ci prenda in giro"

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Egitto, capo procura Giza: "Cellulare di Regeni scomparso" . Casson: "Il Cairo non ci prenda in giro"

Il segretario del Copasir a Repubblica: "Non c'è bisogno di arrestare per torturare". Il capo di servizi segreti, Massolo, riferisce al Comitato parlamentare di controllo. Il ministro degli Esteri del Cairo continua a smentire il coinvolgimento del governo nel barbaro omicidio di Regeni e parla di "criminalità comune". Primo rapporto in procura: "Il dottorando aveva partecipato a un incontro con il sindacato indipendente"
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IL CAIRO - Giulio Regeni, lo scorso dicembre, aveva partecipato al Cairo ad un incontro presso il Centro Servizi per i Lavoratori e i Sindacati cui avevano preso parte esponenti locali del sindacato indipendente. E questo interesse del ricercatore friulano 28enne, per le tematiche socio-economiche della realtà egiziana potrebbe aver dato fastidio a qualcuno o, comunque, non essere passato inosservato.

Il primo rapporto in procura. La circostanza è indicata in una prima informativa che gli specialisti di Ros e Sco, in trasferta in Egitto in questi giorni, hanno inviato alla Procura di Roma. Il pm Sergio Colaiocco, che indaga contro ignoti per omicidio, vuole anzitutto capire che cosa facesse in Egitto Giulio Regeni e su quale rete di informatori contasse per acquisire informazioni utili al suo lavoro. Per questo motivo, il magistrato ha dato incarico agli investigatori di interrogare gli accademici, i ricercatori e gli stagisti che dall'Egitto raggiungeranno Fiumicello per i funerali di Regeni.

La versione del magistrato egiziano. Il capo della Procura di Giza, quella incaricata dell'indagine sull'uccisione di Giulio Regeni - torturato perchè pensavano che fosse una spia - aveva riferito che accanto al corpo del ricercatore italiano o nel suo appartamento non era stato rivenuto alcun telefonino, computer portatile o tablet. Ad una domanda dell'Ansa se fosse stato trovato alcun cellulare, laptop o iPad, il procuratore Ahmed Nagy aveva risposto che "non erano stati trovati accanto al corpo, e neanche a casa".

L'equivoco del computer: è in Italia. Il computer, s'è saputo poi, risulta in mano alla polizia e alla magistratura italiane. La famiglia ha smentito che avesse un iPad. Non è stato trovato, dunque, il telefonino.

L'ultima telefonata di Regeni. Secondo il capo degli inquirenti egiziani, è un lettore universitario italiano la persona con cui Giulio Regeni ha avuto l'ultimo contatto telefonico prima di sparire nel nulla. "L'ultima persona con cui c'è stata una chiamata è un suo amico italiano, Gennaro Gervasio", ha detto all'Ansa il capo della Procura di Giza, Ahmed Nagy, rispondendo alla domande su chi sia, stando alle indagini, l'ultima persona che Regeni ha visto o con cui ha scambiato chiamate telefoniche o messaggi.

Le smentite dell'Egitto. Le autorità governative del Cairo continuano a smentire il coinvolgimento di apparati dello stato egiziano nel barbaro omicidio di Regeni. È il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, in un'intervista aForeign Policy riportata dal sito del quotidiano egiziano al Ahram, a ribadire che l'assassinio di Giulio Regeni è stato "un crimine". "Ma l'Egitto respinge ogni accusa di coinvolgimento". Shoukry ha puntualizzato che i giornalisti che si occupano della vicenda stanno "saltando a conclusioni" e stanno facendo "speculazioni senza alcuna informazione autorevole o una verifica di ciò a cui alludono" Il ministro egiziano ha poi liquidato come "bugie" le accuse che in Egitto ci siano prigionieri politici.

La replica di Casson: "Non ci prendano in giro". Felice Casson, uno dei massimi esperti di servizi segreti (da giudice istruttore indagò su Gladio e la strategia della tensione, ora è segretario del Copasir), non crede a una parola alle smentite delle autorità egiziane. "Ma per favore, che non ci prendano in giro - dice a Repubblica - forse pensano che noi crediamo alla favoletta che non è stato arrestato? Ma per torturare, sappiamo benissimo che non c'è bisogno di arrestare".

L'Egitto dice da giorni che Regeni non è mai stato arrestato. Questo è vero, osserva Casson. Il sospetto, infatti, è un altro: che sia stato sequestrato da "squadroni della morte" degli apparati dei servizi segreti egiziani perchè forse pensavano che il dottorando fosse un informatore dell'intelligence italiana. Nessuno ha mai pensato che fosse stato arrestato dalla polizia, apparato pubblico che risponde al ministero dell'Interno e all'autorità giudiziaria.

Qui, osserva il segretario del Copasir, si parla di un'altra cosa: di apparati occulti, di prigioni segrete, di squadre di torturatori, di omicidi e persecuzioni di oppositori politici.

Il ministro degli Esteri egiziano fa riferimento a un episodio di "criminalità comune", ma in Italia - ribadisce il senatore Pd - nessuno ci crede. Il modus operandi del sequestro e della morte di Regeni (il tipo di torture che solo reparti specializzati "sanno" infliggere, la sparizione del telefono, la logistica dell'intera operazione che non ha lasciato tracce o prove) nulla ha a che fare con le modalità operative della criminalità comune.

Quest'ultima può essere interessata a impossessarsi di soldi, non certo
a conoscere i contenuti riservati custoditi nel telefonino del dottorandoche svolgeva indagini di studio sugli "attivisti dei lavoratori". Ecco perchè i giornalisti italiani e di tutto il mondo continuano a fare domande. E il Copasir a sospettare che il governo egiziano nasconda la verità.

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