venerdì 24 luglio 2015

CHANGE.ORG - Chi c’è dietro la rivoluzione che fa rima con petizione

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MODALITÀ D’USO E STRUMENTI DI FINANZIAMENTO DELLA PIATTAFORMA ONLINE CHANGE.ORG

Apolitica e apartitica, usa il web per promuovere cause e raccogliere adesioni. Per qualcuno somiglia al M5S. Ecco come funziona davvero
Cammina veloce, lo senti dal ritmo delle parole all’unisono con l’ampia falcata. Salvatore Barbera, 33 anni e una laurea in fisica nucleare, ha appena concluso un incontro al Policlinico Agostino Gemelli di Roma. Il reparto di Terapia Intensiva Neonatale ha bisogno di 2 milioni di euro e, per trovare i finanziamenti, potrebbe lanciare una petizione su Change.org: la piattaforma per fare campaigning, ovvero perorare una causa e raccogliere adesioni, creata 5 anni fa a San Francisco da Ben Rattray. La società, in pieno stile Silicon Valley, ha aperto sedi in 18 Paesi e conta 150 dipendenti. Barbera, direttore delle campagne per l’Italia, lavora a tempo pieno al progetto assieme a Elisa Finocchiaro e a Sergio Cecchini. Sul portale si può rendere visibile un’istanza pubblicata dall’utente (gli iscritti in Italia sono oltre 800mila, nel mondo 30 milioni) e condividerla con la Rete. I filtri sono quelli classici dell’informazione sul web: no alla violenza, al razzismo, all’antisemitismo e a ogni forma di discriminazione. Change.org si professa apolitica e apartitica, ovvero aperta a tutti. Così trasversale da aver accolto la richiesta di Salvatore Vassallo e Giuseppe Civati per le Primarie parlamentari del Pd e quella di Casapound per concedere il passaporto diplomatico ai marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, e poi da promuovere le corse “quirinalesche” di Salvatore Settis, Emma Bonino e Stefano Rodotà. Quanto alla selezione delle campagne (ne arrivano circa 50 al mese, in totale 500 da luglio 2012), Barbera assicura: «Le più interessanti marciano da sole: appena pubblicate, in poco tempo raccolgono migliaia di firme».
Modello Greenpeace. Complice la forte vocazione sociale del sito e del suo staff: vedi il trentenne ex attivista di Greenpeace, noto anche come “il bandito del clima” per il foglio di via che lo aveva costretto ad allontanarsi da Roma dopo una manifestazione pacifica davanti a Palazzo Chigi (il provvedimento, in seguito, è stato revocato). L’impegno nelle iniziative promosse dall’associazione ambientalista tra l’Europa e il Medioriente, fino alla battaglia contro il nucleare in Italia, è stata un’ottima palestra per approdare a Change.org con un bagaglio solido e credibile. Il resto del lavoro lo fanno le storie, «che arrivano a noi e si impongono naturalmente», dice Barbera. La filosofia è analoga a quella di YouTube dove, in cima alla classifica dei video più cliccati, sono quelli che accendono l’entusiasmo della Rete. Spesso, filmati casalinghi e a bassa fedeltà, ma dal forte impatto comunicativo: per la verve satirica o il rimando all’attualità, il gioco allo specchio con la community o quel senso di net-crazia dal basso, per cui sono i votanti a decretare il migliore. Accade lo stesso con le petizioni: più firme raccolgono, più aumentano le possibilità di successo. Non per caso, sull’homepage del sito gli obiettivi raggiunti sono in primo piano: dall’appello per la proiezione del film di Bill Emmott Girlfriend in a coma lo stesso giorno in cui l’anteprima al Maxxi di Roma era stata censurata, alla candidatura al Premio Nobel per la Pace di Malala Yousafzai, la 15enne pakistana ferita nel pullman della scuola con un colpo sparato da un telebano.
La cittadinanza concessa dal Consiglio dei ministri ai tre senegalesi sopravvissuti alla sparatoria al mercato di Firenze, due anni fa, è la vittoria di cui Barbera si sente più orgoglioso. Ora, in meno di 24 ore, la petizione #iosegno lanciata dal gruppo di ragazzi sordi per chiedere il riconoscimento ufficiale della Lingua italiana dei segni ha ottenuto l’impegno del presidente del Senato, Pietro Grasso, a sollecitare una nuova iniziativa legislativa. Su Change.org trova poi spazio la campagna L’Italia sono anch’io, a sostegno delle seconde generazioni: «Sono già state raccolte 110mila firme cartacee per presentare una proposta di legge d’iniziativa popolare ma, tramite il sito, stiamo cercando di sollecitare il Parlamento a esaminarla prima possibile», spiega Barbera.
Tra i segreti del buon campaigning, però, c’è anche la capacità di sorprendere. Lo stratega italiano della piattaforma globale snocciola i casi più emblematici: «Una 13enne statunitense è riuscita a ottenere da una rivista di non ritoccare più con Photoshop le immagini delle adolescenti». E ha terremotato l’entourage degli scout americani l’espulsione di un’iscritta, dopo che aveva rivelato di essere lesbica: la donna, col tam-tam su Change, ha sollecitato il dibattito per rivedere i criteri di ammissione e superare le discriminazioni. Se i grandi temi (diritti civili, ambiente, immigrazione) vanno da sé, si moltiplicano gli input dal territorio, in particolare dal tessuto urbano di città come Roma e Milano: vedi la petizione per consentire il trasporto delle biciclette sul metro per una mobilità sostenibile. L’approccio del portale, per la partecipazione orizzontale e il supporto tra pari, ricorda un po’ l’exploit del blog di Beppe Grillo e l’ascesa del M5S. «Change.org nasce prima», frena Barbera, «e non vuole creare un’agenda politica. Il nostro scopo è quello di portare istanze personali o collettive all’attenzione dei media». Come vi finanziate? «Siamo stipendiati dalla società di San Francisco», spiega il direttore Italia, «una corporation che fa profit ma investe gli utili nel sociale». Un altro canale di fundraising è lo spazio offerto alle iniziative di grosse ong: «Se l’utente accetta di ricevere per email i loro aggiornamenti, noi incassiamo una percentuale». Meccanismo simile a quello della pubblicità sul web, qui dal contenuto non commerciale. La differenza con altri siti o social network che sponsorizzano giuste cause? «Change ha assunto persone con profili specifici e background nel settore: allo sviluppo della piattaforma lavorano 30 ingegneri». Anche per garantire la sicurezza: «Quando la petizione lanciata da Viola Tesi a Grillo perché votasse la fiducia a un governo Bersani ha subito un attacco hacker, in poco tempo siamo riusciti a bloccarlo».
10 aprile 2013 (modifica il 12 aprile 2013)
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Maria Egizia Fiaschetti












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