lunedì 29 giugno 2015

Tre vincitori a Tirana




Tre vincitori a Tirana

Nico Angiuli, Giulia Morucchio e Irene Rossini stanno realizzando i loro progetti in Albania perchè sono tra i vincitori del bando Movin'Up 2014. Uno sviluppa la sua "danza degli attrezzi" con i coltivatori di tabacco, le altre raccolgono le tracce di dispositivi e strategie inventati dai cittadini per aggirare la censura del partito comunista fino al 1990. Oltre al luogo, i loro lavori sembrano avere in comune alcuni aspetti che emergono o si distinguono nelle loro parole in queste interviste.
Movin'Up è il programma di sostegno per giovani creativi italiani nel mondo dedicato ad autori tra i 18 e i 35 anni: la I sessione del 2015 scade il 6 luglio, c'è ancora tempo per candidarsi...


Movin'Up è il bando rivolto ai giovani creativi che cercano un sostegno economico ai propri progetti da realizzare su invito di istituzioni culturali estere. Il 6 luglio 2015 scade il termine per candidarsi alla I sessione 2015


Nico Angiuli, ex industria di tabacco a Scutari, nord dell'Albania. 2014. Foto Bujari


Nico Angiuli, giovane lavoratore di tabacco nel 1925


Nico Angiuli, il trapianto della scultura partigiana a Scutari


Nico Angiuli, preparazione sequenze gestuali del tabacco. 2014


Nico Angiuli, produttore di tabacco di Sheldjia


Giulia Morucchio e Irene Rossini, schema conversione segnale uhf in vhf


Giulia Morucchio e Irene Rossini, antenne Tirana


Giulia Morucchio e Irene Rossini, vignetta,da Drita


Giulia Morucchio e Irene Rossini, Uzina e Radio Televizoreve, Durazzo

NICO ANGIULI 

"La danza degli attrezzi" è un progetto che, a partire dal 2009, ha coinvolto comunità locali di agricoltori, migranti, etnografi, istituzioni e danzatori archiviando in forma video i gesti delle mondine Piemontesi, del lavoro magrebino nei vitigni spagnoli e degli ulivi.
Nico Angiuli ha avviato nell'aprile del 2014 un laboratorio partecipato nel nord dell'Albania con i coltivatori e lavoratori del tarabosh, il tabacco tipico albanese. Ora intende proseguire nell'indagine storico-architettonica sui tabacchifici di Stato oggi chiusi, convertiti e/o danneggiati, tutti luoghi che diventeranno, in termini video, lo sfondo scenografico su cui i lavoratori del tabacco danzeranno il loro lavoro.
 

"La danza degli attrezzi" è il titolo che ricorre nel tuo progetto; fa subito pensare a "Tempi moderni" di Charlie Chaplin, alla retorica positivista, al tentativo di identificazione tra uomo e macchina definito macchinismo... 

Nico:Ho dato questo nome al progetto su due piedi, mi piaceva l'idea che gli attrezzi potessero danzare e non asservire una funzione, che averessero un'attitudine coreutica e non economica. Oggi capisco che sono i lavoratori stessi ad essere degli attrezzi; la nostra cultura, basata sul piacere perpetuo, ha bisogno di muscoli-oggetto, calcolatori interstellari, macchine indefesse, ma questa maniera di pensare ha coseificato l'uomo. Da un lato vedo il tentativo di estendere all'infinito le possibilità dell'uomo e dall'altro la volontà di depotenziare la condizione umana. Lo stesso Enver Hoxha (ex leader albanese) con il suo uomo nuovo (Njeriu I Ri) voleva un popolo di ingegneri elettrici in grado di emancipare tecnologicamente l'Albania, un popolo di robot che agivano e pensavano all'unisono.
Mi sto concentrando quindi sulla comprensione dell'uomo-macchina, piuttosto che sul rapporto tra uomo e macchina, che mi sembra ormai cosa certa e comune.
L'uomo macchina opera nei campi agricoli del foggiano, nelle fabbriche di Parmigiano Reggiano,etc... non ha riconoscimento sociale cammina per strada e il suo datore di lavoro non lo saluta manco, non si saluta un'attrezzo. Una volta terminata l'archiviazione delle principali colture contemporanne (mancano I campi di caffè e le saline) ho intenzione di scrivere una piece di teatro-danza per dare spazio ai temi emersi in questi anni. 

Nel 2011 (su UnDo.Net) affermavi che "La danza degli attrezzi è una ricerca da sviluppare a contatto con la terra, per studiare, mappare e archiviare la gestualità di ieri e di oggi, cercando di capire, e trasmettere poi, come tale gestualità cambia con l'introduzione delle macchine".
Il tuo progetto è proseguito nel tempo sviluppandosi in diversi step, in quale di questi si è maggiormente evidenziato questo cambiamento?
 

Nico: Il gesto che studio è sempre applicato nello spazio agricolo, spazio che cambia con l'uso delle macchine: una mietitrebbia permette di moltiplicare ed estendere la produzione nel paesaggio; questa possibilità, figlia della retorica positivista e del macchinismo appunto, acceca gli agricoltori che non si può dire negli ultimi 50 anni abbiano considerato la biodiversità, la qualità dell'aria e del cibo, I ritmi stessi della terra, come qualcosa da tutelare. Faccio solo due esempi: gli uliveti super intensivi in Spagna e i meleti in Trentino. 

Hai scritto su Vessel: "La trasformazione del paesaggio (per mezzo della meccanizzazione) e la relativa mutazione del tessuto sociale, il nuovo ruolo dei migranti nei campi e il ruolo dell'agricoltura nella città, sono alcuni dei temi che emergono ogniqualvolta il progetto è ospite di un territorio."
Il postfordismo viene definito come un periodo nella storia delle economie più avanzate che si sviluppa tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80. Nel postfordismo la produzione è un processo basato sulla comunicazione e caratterizzato dall'adozione di tecnologie evolute e criteri organizzativi flessibili che adeguano la propria offerta a una domanda.
Come incidono queste dinamiche lavorative sulla tua danza? 


Nico: Non mi piace fare arte replicando i modelli economici di monetizzazione del proprio corpo-tempo, premessa dei miei progetti è la sospensione dei suddetti modelli piuttosto che la loro riproposizione. Resta comunque un argomento delicato e ho redistribuito economie nel film "TRE TITOLI" girato a Foggia con la compagine ghanese di lavoratori stanziali, un film in lavorazione in questi mesi. Ma sono molto attento in generale alle forme con cui si partecipa ad un progetto collettivo. 

Nell'intervista sul diario web del GAI dici: "Il lavoro in Albania è stato uno dei principali strumenti di propaganda politica; Enver Hoxha aveva costruito un comunismo scientifico industriale basato sulla costruzione delle grandi opere pubbliche e sulla meccanizzazione del lavoro. In questo senso cerco di raccordare il gesto del singolo lavoratore (dell'uomo nuovo socialista) al gesto collettivo imposto dal leader."
Durante la tua ricerca con i lavoratori di tabacco sono emerse difformità o disaccordi nei modi di concepire la quotidianità e nel modo di ricordarla delle persone? 


Nico: Le difformità dal pensiero unico dell'Uomo-Partito Enver Hoxha, emersero già negli anni '60; il PPSH-Partito del Lavoro d' Albania venne vissuto non con il trasporto che la propaganda di Stato restituiva attraverso i media. 
Nel progetto sul tabacco appena concluso realizzato in collaborazione con il Tirana Art Lab, la comunità montana di Sheldjia racconta, tra le altre cose, dei tentativi di mantenere una parte del tabacco coltivato per rivenderlo privatamente in città a Scutari, questo perché lo Stato ritirava puntualmente la produzione di tabacco avendo collettivizzato i beni e rendendo di fatto i contadini semplici applicati. Nacquero così mercati illegali e paralleli che garantivano entrate extra, almeno in teoria.
Ci sono combinazioni a cui ho lavorato e su cui continuo a lavorare, cartine di tornasole della politica letta attraverso pratiche e tecniche agricole, un esempio: "Pese Heronjve të Vigut" è una scultura dedicata agli eroi della rivoluzione contro gli occupatori italo-tedeschi, sino a pochi anni fa era nel centro della città in un punto chiave, alcuni anni fa è iniziato il suo viaggio che coincide con il rifiuto della propria Storia recente: prima la scultura viene installata nella periferia est della città vicino gli incerenitori, poi spostata ancora nella parte ovest, appena prima dell'autostrada, domani chissà dove, ho visto le immagini in tv e mi ha immediatamente ricordato la prima scena de "La Dolce Vita" con il Gesù Cristo che sorvola Roma in elicottero.
In agricoltura c'è una tecnica simile al trapianto, quando la piantina è pronta la si sposta dalla serra al campo aperto, solo che il campo aperto in Albania rischia di coincidere con l'oblio. 

GIULIA MORUCCHIO - IRENE ROSSINI 

Il soggiorno è finalizzato alla raccolta di materiale, tramite interviste, ricerca d'archivio e sul campo, per creare una pubblicazione che raccolga le tracce dei dispositivi e delle strategie usati dai cittadini albanesi per aggirare il monopolio di programmi radio-televisivi gestiti dal partito comunista, al potere dal 1946 fino al 1990, e superare così, l'isolamento fisico e culturale in cui era tenuto il Paese.
Nel corso della nostra permanenza in Albania, della durata di circa un mese, saranno organizzati regolari incontri aperti ad artisti e alla comunità locale, per raccogliere testimonianze dirette di queste tecniche. Quanto emerso sarà poi raccolto in una pubblicazione, che racconti, in una sorta di storiografia minore, le forme di dissidenza domestica e clandestina attraverso i suoi oggetti-simbolo, come vinili e libri proibiti (e i metodi per farli circolare), antenne radio costruite in casa, canzoni dichiarate sovversive, etc.
 

Il vostro progetto di analisi parte da quando è iniziata la dittatura comunista, nessuno vi ha raccontato come furono le reazioni alla "fascistizzazione" che intrapresero gli italiani prima? 

Giulia e Irene: La nostra ricerca è circoscritta a un periodo che va dal 1960 fino ai primi anni ’90: un arco temporale ben preciso, complesso e vasto. Abbiamo, però, avuto modo di parlare con alcune persone della passata occupazione fascista dell’Albania in relazione all’architettura e all’urbanistica della città, tematiche che, anche se non direttamente inerenti al nostro lavoro, affascinano molto entrambe. 

Nell'intervista sul diario web del GAI affermate "Chi ci racconta della tv italiana ce ne parla come di una 'finestra sul mondo'. Mostrare questo 'altro', anche se deformato e parziale, è il ruolo che tv e radio possono aver giocato nel formarsi del progetto migratorio." Però questo vi sembra troppo semplice, perché? 

Giulia e Irene: La questione che tocchi è davvero troppo ampia per rispondere con poche righe e non essere fraintese. Quando diciamo che la relazione tra televisione e migrazione è troppo "semplice" abbiamo in mente la retorica creata dai media Italiani (sia giornali che televisioni) in occasione delle prime migrazioni - soprattutto quella del 1991.
Per un'analisi più approfondita rimandiamo alla lettura di 'La scoperta dell'Albania', di Ardian Vehbiu e Rando Devole che, attraverso un'analisi di testate giornalistiche e del montaggio di servizi trasmessi nei telegiornali, mostra come sia stato costruito uno stereotipo italiano dell'immigrato e dell'immigrazione albanese. 

Il vostro è un progetto che analizza anche il desiderio di conoscenza che spingeva le persone a inventarsi i modi per ascoltare e capire cosa accadeva fuori dall'Albania. Tra i vostri interlocutori c'è qualcuno che coglieva il conformismo e i gli aspetti dissonanti all'interno della cultura occidentale? 

Giulia e Irene: Boris Groys, in un testo pubblicato nel catalogo del Padiglione Albanese della Biennale di Venezia appena inaugurata, nota come l' "Occidente", nel periodo della Guerra Fredda, venisse considerato dai Paesi comunisti non solo come un nemico militare o politico, ma anche come uno spazio mitologico, in quanto sconosciuto e irraggiungibile. I nostri interlocutori hanno soprattutto sottolineato il fatto che la TV straniera mostrasse un'alternativa, un 'altro', ma questo non implica che il materiale proveniente dall'Ovest venisse consumato in modo passivo e acritico. 

Neo fordismo, call center, fast food, Agon channel e resort di lusso per stranieri; avete riscontrato in qualcuno quella che si definisce Ostalgia? 

Giulia e Irene: L'Albania ha avuto un percorso molto diverso rispetto agli altri paesi del Blocco Sovietico, e dopo 50 anni di dittatura la fase di transizione alla democrazia è stata caotica e dolorosa.
Non abbiamo riscontrato sentimenti di nostalgia per quel passato, ma questo ancora una volta non vuol dire che ci sia un accettazione entusiasta o apatica del Capitalismo nelle forme in cui è arrivato in Albania. 

Ma qual'è lo "strumento" di dissidenza più curioso che si sono inventati? 

Giulia e Irene: Ci stiamo interessando in particolare a un oggetto dalle "dimensioni piccole ma dalla grande importanza" come ci dicono in molti, che veniva realizzato tra gli anni '70 e la fine della dittatura, all'interno di una scatoletta di latta, il più delle volte in quella delle sardine.
In questo contenitore venivano inserite tutte le componenti elettriche che permettevano di integrare una banda mancante nei televisori Albanesi, su cui invece trasmettevano la tv italiana e quella jugoslava. 


Interviste a cura di Anna Stuart Tovini


17 ª EDIZIONE DI MOVIN’UP - programma di sostegno alla mobilità degli artisti italiani nel mondo 
Movin'Up è un bando è rivolto a creativi tra i 18 e i 35 anni che sono stati invitati all'estero da istituzioni culturali e cercano un sostegno economico ai loro progetti multidisciplinari. Creato nel 1999 dal GAI - Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani -, dal 2003 il progetto è attuato con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
Il programma ha permesso di sostenere ad oggi 667 su 2.050 progetti presentati, per un totale di oltre 1.200 artisti. 

I SESSIONE 2015: INVIA LA TUA CANDIDATURA
La scadenza per partecipare è il 30 giugno 2015, ore 12.00
Le candidature 2015 dovranno essere presentate solo ed esclusivamente tramite procedura on-line
Leggi il regolamento completo del bando su:
http://www.giovaniartisti.it/iniziative/bando-movinup 

Puoi seguire il racconto live degli artisti italiani in viaggio su:
http://www.giovaniartisti.it/movinup

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