sabato 2 maggio 2015

Lettera a Gianni Sepe

Caro Gianni, morendo, l'altro giorno, hai fatto la più grande fesseria della tua vita. Eri risorto dalle ceneri del Giornale di Ostia, col Tirrenico prima e con la Gazzetta del Litorale e ti ho accompagnato nella tua avventura per un po' di anni scrivendo articoli di Prevenzione infortuni prima presso il giornale di Ostia e poi sul Tirrenico e sulla Gazzetta. Ci guardavamo come due amici nemici. Non immaginavo la tua tenera età, dieci meno della mia. Ti consideravo il fratello più grande che non ho mai avuto e più di una volta avevi scoperto in me una somiglianza con tuo padre che non avevo mai conosciuto. Mi stimavi e quando ti capitava mi mandavi i tuoi saluti. Mia figlia era diventata pubblicista nel tu giornale,ma quando ti proposi la mia collaborazione i tuoi occhi mi dissero quello che non osavi dirmi. Mi mettesti alla prova e quando ti consegnai il mio primo pezzo per l'uscita settimanale me lo facesti riscrivere perché era troppo lungo. Dopo mezzora, quando te lo riconsegnai, mi guardasti ancora una volta meravigliato per il tempo impiegato e la chiarezza del testo. Lo sai che non frequento molto, ma quando mi hai chiesto di starti vicino per qualche traversia l'ho fatto volentieri senza mai presentarmi a riscuotere i miei crediti di riconoscenza e la tua fiducia. Ti auguro una buona permanenza prima di intraprendere un'altra avventura terrena. Ricreati lo spirito e rimettiti dai malanni che ti hanno costretto alla dipartita. Hai lasciato un vuoto che sarà difficile colmare. Se qualche volta hai bisogno di parlare con qualcuno vienimi in sogno. Sarò il tuo compagno sincero dall'aldiquà. Gioacchino Ruocco

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