venerdì 6 marzo 2015

BIG BAMBÙ, SI CHIUDE

BIG BAMBÙ, SI CHIUDE: LA GRANDE INSTALLAZIONE DEL TESTACCIO HA I GIORNI CONTATI. E ROMA PERDE UN'ALTRA OCCASIONE





pubblicato venerdì 6 marzo 2015

Strana storia quella del grande canneto percorribile, in verticale per un'altezza di 25 metri, al Testaccio. Big Bambù doveva essere un'opera permanente. Poi è stata transennata. Poi riaperta. 
Oggi, invece, si annuncia che tra nemmeno una settimana chiude definitivamente. E la corsa dell'Amministrazione di Roma Capitale ai "Venghino Signori che sono gli ultimi giorni” (fino all'11 aprile) per interagire con un'opera che Roma non vedrà più è abbastanza paradossale. E a questo punto ci interessa ben poco se a godere dell'intervento al MACRO Testaccio degli artisti statunitensi Mike e Doug Starn sono state quasi 100mila persone (96mila).
Realizzata per la sesta edizione di Enel Contemporanea, programma di arte pubblica a cura diFrancesco Bonami volto a una riflessione sull'energia attraverso l'arte, nel 2012, Big Bambúè (o bisogna dire era?) una gigantesca installazione site specific: un intreccio di 8mila aste di bambù messe in piedi con un metodo tradizionale di incastri; un organismo vivente liberamente percorribile. E, cosa ancora più importante, era stata donata alla città di Roma da Enel, come celebrazione dei 50 anni dell'azienda. Un belvedere sulla città, attraverso l'arte contemporanea, in una – o forse nella sola – opera di arte pubblica permanente della città eterna. La colpa? Riconducibile al fatto che si tratta di un'opera complicata, che richiede grande manutenzione, messa in sicurezza, guardianìa costante e dove il pubblico deve essere accompagnato e abbigliato in modo aadeguato. Nello smantellamento del vecchio Macro, che ha perso anche il contributo di Enel, anche questa è una parte da levare. Via il dente, in questo caso resta solo un altro forte dolore.


BIG BAMBU'


BIG BAMBU.

Via dal ventre della città più antica
i ricordi che imbrattano le strade
a una certa ora

come se la contrada  fosse un deposito ATAC.

Via dalla cistifellea i calcoli dannosi,

via dalle vie tutto quello ch’è noioso

e vi dorme sopra per giorni

perché altro non c’è per quel riposo.

In una fila sola o in doppia fila

via le cosiddette macchine

che rompono il passaggio

ad ogni istante

col rischio di perderti dagli occhi.

Lo sguardo audace

a volte ti rincorre

ma via da questa via quel che nuoce

alla mia vista e lo smarrimento,

di non trovar l’accento

dove l’ho posto,

un sorriso del sole,

uno spiffero di vento

come il mio fiato che ti insegue.

Invece porteranno via

Big Bambù

che brulica di canne  e di gente

dove tu

non sei passata neppure una volta

a vedermi arrampicato sulla cima.

Penso e ripenso:

-         Adesso dove vado

per far parlar di me,

per vederti arrivar da lontano,

da oltre il Tevere

dove si fa pantano

di cattivi pensieri

e odi ancora lamenti di vacche?

Ora le lacche, le linee,

i pacchi, i segni

sono essi gli ingegni dell’avvenire

prima che il tempo finisca

e ci fanno una bisca

di rabbie e di morti.


Gioacchino Ruocco

Inserita nella raccolta “Secondi e contorni”

Ostia Lido       07/03/2015

























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