venerdì 13 dicembre 2013

Primo rapporto sul "secondo welfare" in Italia


     
WELFARE 245Giovedì 28 novembre, Secondo Welfare e il Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Enaudi hanno presentato, nell'ambito del convegno internazionale "Riprogettare il Welfare: uno sguardo al Mediteraneo", il "Primo rapporto sul Secondo Welfare in Italia". Il documento illustra il complesso di iniziative note come “welfare mix”, “societal welfare”, “welfare community”, già chiaramente rilevabile in molti paesi dell'Unione Europea.
La crisi dei tradizionali sistemi pubblici di protezione sociale ha stimolato la ricerca di nuove modalità di risposta ai bisogni dei cittadini. In molti paesi europei sono in corso interessanti sperimentazioni che si situano al di là del perimetro pubblico e coinvolgono una vasta gamma di soggetti, quali assicurazioni private e fondi di categoria, fondazioni bancarie e altri enti filantropici, il sistema delle imprese e i sindacati, associazioni ed enti locali.
A queste nuove forme di protezione (e investimento) sociale viene dato il nome di "secondo welfare", dove l'aggettivo «secondo» ha un duplice significato:
- temporale: si tratta di forme che s'innestano sul tronco del «primo» welfare, quello edificato dallo Stato nel corso del Novecento, soprattutto durante il Trentennio Glorioso (1945-1975);
- funzionale: il secondo welfare si aggiunge agli schemi del primo, integra le sue lacune, ne stimola la modernizzazione sperimentando nuovi modelli organizzativi, gestionali, finanziari e avventurandosi in sfere di bisogno ancora inesplorate (e in parte inesplorabili) dal pubblico.
Il Primo rapporto sul secondo welfare in Italia fornisce una rassegna e alcune interpretazioni e valutazioni di ciò che si sta muovendo anche nel nostro paese.
I protagonisti del settore sono sia soggetti pubblici che privati, profit e non profit: associazioni, Fondazioni, e Terzo settore in genere; compagnie assicurative che offrono prodotti nuovi pensati per aiutare gli individui a proteggersi dai rischi e dall'incertezza; grandi imprese e imprese medio-piccole che offrono ai dipendenti tutele aggiuntive, in dialogo con le organizzazioni sindacali ; Comuni ed enti locali che non si arrendono alla crisi e ai tagli di bilancio e speri mentano nuove forme di raccordo con il territorio, e i suoi attori, per rispondere in maniera innovativa ai bis ogni emergenti – povertà, esclusione sociale, bisogno abitativo, conciliazione fra tempi famiglia e lavoro per le donne.
Il Rapporto è frutto del lavoro biennale del progetto Percorsi di secondo welfare, realizzato dal Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi di Torino in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell'Università degli Studi di Milano. Originariamente promossa dal Corriere della Sera, l'iniziativa è stata sostenuta da Ania, Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo, Fondazione con il Sud, Kme, Luxottica e, dal 2013, anche da Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.
Il Rapporto è suddiviso in due parti. Nella prima parte sono presentati i principali protagonisti del secondo welfare operanti in Italia, ponendo particolare attenzione alle iniziative di welfare sviluppate da aziende e sindacati, assicurazioni, fondazioni di origine bancaria, fondazioni di comunità e Comuni. Nella seconda parte sono invece affrontate le dinamiche evolutive in corso in alcuni ambiti ritenuti particolarmente significativi per il futuro del secondo welfare, come finanza sociale, housing sociale, servizi per l'infanzia e conciliazione dei tempi di vita e lavoro.
I dati italiani occupazionale, i numeri parlano da soli.
La spesa sociale non pubblica , secondo l'OCSE, in Italia è pari al 2,1% del PIL, al di sotto di Svezia (2,8%), di Francia e Germania (3,0%), del Belgio (4,5%), per non parlare di Regno Unito (7,1%) e Olanda (8,3)%. A differenza di altri paesi, la nostra spesa privata è peraltro rimasta ferma nell'ultimo decennio. Esistono quindi ampi margini di crescita che potrebbero far affluire verso la sfera del welfare risorse pari a diversi miliardi. I dati del censimento Istat sul Terzo settore mostrano che le istituzioni non profit attive in Italia al 31 dicembre 2011 erano poco più di 300.000. Esse contano sul contributo lavorativo di oltre 5,7 milioni di persone, di cui 4,8 milioni di volontari (83,3%), 681 mila dipendenti (11,9%). Prendendo in considerazione i soli dipendenti, il settore rappresenta attualmente il 3,4% della forza lavoro. Dal punto di vista del valore economico, il «fatturato» 2011 di questo variegato insieme di soggetti è stato stimato in circa 67 miliardi di euro, pari al 4,3 per cento del Pil. Le Fondazioni (oltre 6.200) sono relativamente più presenti nei settori dell'Istruzione e ricerca (11% di tutte le realtà non profit attive in questo ambito) e della Filantropia e promozione del volontariato (9,9%). Nel sistema spiccano le Fondazioni di origine bancaria (FOB) che nel 2012 disponevano di un patrimonio di oltre 42 miliardi di euro. Nello stesso anno hanno realizzato 22.000 interventi in favore dei propri territori, erogando complessivamente 965 milioni di euro. Il patrimonio delle 32 Fondazioni di comunità (15 nate all'interno di un progetto di Fondazione Cariplo) ammontava nel 2012 a 227 milioni di euro. Queste realtà si propongono di «democratizzare la filantropia» at traverso la diffusione della cultura del dono. Le 15 Fondazioni di comunità lombarde hanno superato nel 2012 i 22,5 milioni di euro di erogazioni, grazie ai quali sono stati finanziati oltre 2.300 progetti di utilità sociale.
Le imprese, le assicurazioni ed i Comuni
Per quanto riguarda il sistema delle imprese, oltre l'80% delle aziende con più di 500 dipendenti ha avviato iniziative di welfare aziendale e contrattuale. Nel Rapporto sono presentati casi di aziende di grande e media dimensione (Azienda Trasporti Milanesi ( ATM), Luxottica, Colorificio San Marco, Nestlè Italia, SEA Aeroporti, Tetra Pak, UBI Banca, Unipol Assicurazioni ) e si mettono in luce le possibili sinergie fra imprese, sindacati, enti locali, fornitori di servizi all'interno dei vari contesti territoriali. Un fenomeno nato come prettamente “aziendale” si arricchisce così di nuovi protagonisti e sviluppa nuovi strumenti come contratti di rete, patti per lo sviluppo, contrattazione di secondo livello e bandi regionali – che possono allargare i servizi alle piccole imprese. Nel settore delle assicurazioni, in Italia ci sono più di 500 fondi integrativi negoziali e volontari e circa 2.000 mutue sanitarie, molte delle quali nate dalla contrattazione collettiva di grandi categorie di lavoratori dipendenti; esse si autofinanziano per oltre 4 miliardi prestando servizi a più di 5 milioni di persone. Rimangono tuttavia ampi margini di crescita: la spesa sanitaria privata a carico delle famiglie, cosiddetta out of pocket, si aggira fra il 25 e il 30% della spesa sanitaria complessiva , mentre oggi meno del 4% è intermediata dalle assicurazioni e il 14% circa da organizzazioni mutualistiche non profit. Molti Comuni, infine, anziché indietreggiare di fronte alla crisi hanno avviato percorsi di rinnovamento. Si sono combattuti gli sprechi, si sono ripensati gli interventi e le loro forme di governance, rafforzando la tutela dei rischi derivanti dalla crisi - quindi sul lavoro e sulle nuove povertà. Il Rapporto illustra molte esperienze concrete di grandi comuni come Milano e Torino, ma anche di comuni medi e piccoli come Novara, Forlì, Udine, Parma, Modena e Pulfero.
Gli esempi più significativi di secondo welfare sul territorio
Nella seconda parte del Rapporto vengono approfondite alcune esperienze ritenute emblematiche del secondo welfare che già esiste in Italia. Uno degli ambiti più significativi è quello della finanza sociale dove si stanno sviluppando iniziative che mirano a cambiare i tradizionali rapporti tra finanza, terzo settore, enti pubblici e imprese. UBI Banca nella primavera 2012 ha sviluppato con successo titoli obbligazionari che oltre a garantire un ritorno sull'investimento offrono ai sottoscrittori la possibilità di sostenere iniziative di riconosciuto valore sociale. Nello stesso periodo Banca Prossima ha costituto una piattaforma online attraverso cui i privati possono prestare denaro direttamente alle organizzazioni non profit. Nell'ambito delle politiche abitativ , viene illustrato il passaggio dall'edilizia residenziale pubblica all'housing sociale, rivolto al “ceto medio impoverito” e basato su nuovi modelli di governance in cui l'ente pubblico diventa regolatore e promotore di i nterventi abitativi. Nell'ambito dei servizi alla persona vengono approfondite le Fondazioni di partecipazione, come la Fondazione Cresci@MO, istituita nel 2012 dal Comune di Modena, a cui è stata affidata la gestione di cinque scuole dell'infanzia comunali. Un capitolo infine è dedicato alle politiche di conciliazione , concentrando l'attenzione sui percorsi di riforma a livello sub-nazionale, prendendo in esame l'esperienza delle Reti territoriali di Regione Lombardia.
I progetti delle Fondazioni
Le Fondazioni di origine bancaria hanno sviluppato esperienze positive di contrasto alla crisi sia autonomamente, sui propri territori operativi, sia in partnership fra loro, a livello infra-regionale o nazionale. Fra le iniziative più significative:
- l' Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo di Torino ha sviluppato Trapezio , progetto che si propone di avvicinare e sostenere soggetti vulnerab ili offrendo loro le risorse adeguate per contrastare efficacemente il rischio di esclusione sociale e prevenire lo scivolamento in situazione di povertà.
- Fondazione Cariplo ha sostenuto un progetto regionale per diffondere l' Amministrazione di sostegno , istituto giuridico che permette di tutelare le persone in situazioni di fragilità, coinvolgendo e valorizzando una vasta gamma di soggetti: dalle organizzazioni del terzo settore agli enti locali, dalle ASL agli ordini professionali fino ai tribunali.
- Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo ha avviato un Piano straordinario di contrasto agli effetti della crisi su tutta la provincia cuneese stanziando 4 milioni di euro in 2 anni. Tra le iniziative del Piano c'è Emergenza Casa, progetto che contrasta la povertà abitativa per prevenire o gestire gli sfratti sempre più frequenti. Particolarmente significativo anche il ruolo delle Fondazioni di Comunità.
Il Rapporto segnala gli schemi di micro-credito adottati dalla Fondazione Comunitaria del Ticino Olona, il progetto Famigliamoci sostenuto dalla Fondazione Provinciale della Comunità Comasca , le iniziative di sostegno alla genitorialità della Fondazione di Monza e Brianza, o il Fondo Emergenza Lavoro della Fondazione della Comunità del Novarese.

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