giovedì 24 gennaio 2013

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Leone d'Oro alla carriera della Biennale di Venezia 2011, negli anni 
'60 firmava come Sturtevant le opere di Warhol e Duchamp da lei 
ripetute pari pari. Barbara Fässler e Beatrix Ruf ci parlano dell'artista 
americana.


Sturtevant in un ritratto di Loren Muzzey





Di Barbara Fässler 



"Il mio lavoro non ha nulla a che fare con l'appropriazione, con la nuova focalizzazione sulla Storia, con la morte dell'arte, la messa in questione negativa dell’originale. Piuttosto il contrario, poiché involve il potere e l’autonomia dell’Originalità e la forza pervasiva dell’arte" Elaine Sturtevant (1) 

Elaine Sturtevant, oggi ottantaseienne, corre sempre un passo avanti agli altri. Anni prima della filosofia della ripetizione di Deleuze, che indaga le nozioni di ripetizione e differenza in rapporto alla Storia delle teorie della conoscenza e che vede l'ente come attualizzazione di un campo virtuale d’idee, l’artista americana rompe, all’inizio degli anni Sessanta, con il tabù dell’autorialità. 
Decine di anni prima che la cosiddetta "Picture Generation" problematizzi "originale" e "copia" nell’arte (Sherrie Levine, Cindy Sherman, Richard Prince oppure Barbara Kruger), Elaine mette in questione la "sacra" originalità e verità dell’arte e comincia a imitare le opere dei suoi colleghi maschili una a una.
Un’eternità prima che si realizzino viaggi virtuali dei Cyborgs e Internauti nel Cyberspace e che Internet diventi cultura di massa, l’artista americana anticipa l’era digitale nell’arte. 
Ciò che potrebbe sembrare superficialmente come copia banale e come provocazione trasgressiva e ciò che ha fatto infuriare gli artisti della sua generazione (così tanto che si è vista costretta a dismettere la sua produzione dal 1974 al 1986), è in realtà da considerare reverenza e profondo rispetto nei confronti dell’arte e della sua capacità di generare processi riflessivi. 

La Storia le ha dato ragione. Con il discorso postmoderno negli anni Ottanta che ha santificato la citazione, Sturtevant non è soltanto stata riabilitata, ma è stata riconosciuta come artista visionaria, capace di anticipare le problematiche culturali delle generazioni future. La vincitrice del Leone d’Oro alla carriera della Biennale di Venezia 2011 "cerca di aprire lo spazio dietro le opere e di provocare una discussione critica sulla superficie, il copyright, l’autonomia e il potere silenzioso dell’arte" (2) 



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