lunedì 8 agosto 2011

Antichi mestieri: 'O gravunaro.


Via Supportico (Mezzapietra)

Il Carbonaio, in napoletano ‘O gravunaro, così com'era praticato fino agli anni del dopoguerra inoltrato, é un mestiere che non incontri più lungo le strade di una città di oggi. Il carbone e la carbonella, per le quantità che servono per fare cuocere la carne alla brace o  le verdure lo trovi in confezioni da due o cinque chili nei supermercati che non trascurano questa fascia di utenti. 

Su Internet compaiono da anni proposte di vendita per corrispondenza in merito fatte da ditte specializzate. a Non è che sia scomparso da tutto l’universo, ma lo è certamente dove le città sono state metanizzate e ampiamente elettrificate e dove si utilizza il GPL (gas di petrolio liquefatti).

Oggi il carbone si continua ad estrarre nonostante tutte le problematiche che ne accompagnano l'utilizzo a livello industriale e di produce quello da legna nelle comunità montane dove la tradizione stenta a morire col taglio dei boschi cedui .

Quanti ce ne fossero a Castellammare nel dopo guerra non lo so, ma so che a Mezzapietra, nelle prossimità di casa, ce n’era almeno uno all’incrocio di via Pergola con via Supportico (vedi foto) che vendeva il carbon fossile mentre il forno da pane la carbonella da legna. Un altro lo trovai alla Starza quando andai ad abitare al Rione San Marco.

In casa mia i carboni venivano adoperati raramente, solamente quando avevamo necessità di cuocere la carne sulla brace, che capitava quasi sempre di domenica quando il pranzo era più ricco di pietanze. Mio padre e mio nonno paterno erano dipendenti della Compagnia Meridionale del Gas che aveva e forse ha ancora la sede in via Gasometro che confina  almeno per un lato con il vecchio cimitero per cui era d'obbligo consumare il gas di città al quale eravamo allacciati gratuitamente.

All’epoca della guerra per risparmiare adoperavamo come combustibile anche la segatura di legno che recuperavamo dal falegname del vicolo e durante il periodo invernale le carbonelle per il braciere e la “muniglia” che serviva per dare corpo alla brace che ci riscaldava dal pomeriggio quando era freddo fino alla sera o per asciugare i panni che restavano umidi nonostante la loro esposizione all’aria e al sole.

Riprendendo una nota pubblicata su Libero ricercatore ho appreso che ”la vendita di carboni e delle carbonelle veniva effettuata anche da ambulanti che giravano con delle grosse sacche trasportate a spalla”.  

Non mi è mai capitato di incontrarne uno, quelli della carbonella si. Arrivavano generalmente da Pimonte, sopra Gragnano, per vendere i prodotti di stagione tra cui  ricottine di capra, ceveze, verdure, uova ed altro ancora che conveniva cedere per recuperare moneta contante tutte le volte che ne avevano. Le ceste erano tenute sulla testa, appoggiate su un supporto di panno arrotolato a cerchio.

La vendita del carbon fossile, quello che faceva bollire l'acqua in minor tempo, aveva bisogno per le quantità stivate di locali idonei alla sua gestione in quanto produceva esalazioni gassose che andavano allontanate dal locale costantemente per evitare intossicazioni ed inneschi di combustione spontanea o procurata dai meno attenti.

Con la porta aperta il carbonaio si permetteva anche qualche sigaretta e con la scusa di ridurre le polveri che lo rendevano di colore nero dalla testa ai piedi, spruzzava sulla massa di carbone appoggiata contro il muro di fondo acqua in abbondanza che, volente o nolente, acquistavamo assieme al carbone.

Il carbone richiedeva per essere bruciato un particolare focolaio che necessariamente doveva essere costruito in muratura per preservare la casa dalle fiamme che produceva. In alternativa si poteva  ricorrere alle fornacelle di latta o di lamiera che diversamente dalla ghisa duravano pochi mesi ma si potevano utilizzare anche a cielo aperto davanti casa.

Il punto di cottura veniva piastrellato per poterlo tenere igienicamente pulito e realizzato, nella parte del fuoco, con materiale refrattario. La presa d’aria che doveva tenere il fuoco costantemente acceso era posta nella parte inferiore in corrispondenza del zona di raccolta delle ceneri che di tanto in tanto andavano asportate con una paletta metallica.

Generalmente la cenere non veniva buttata, ma conservata per sbiancare il bucato una volta diluita nel beverone che veniva calato sui panni lavati attraverso un telo che faceva da filtro.

Lo strazio durò in casa nostra fino alla fine degli anni cinquanta quando i miei si decisero a rifare la cucina e ad arredarla in maniera più consona ai tempi. L'abolizione del focalare restituì al locale qualche metro quadrato in più per cui potevamo sederci, all'ora della pappa, tutti assieme intorno al tavolo.

la fornacella mobile fu posta in un angolo fuori del terrazzo di servizio del salone e veniva utilizzata solamente quando si doveva soddisfare qualche richiesta che prevedeva carciofi, peperoni, carne, pesce che alla brace hanno un'altro sapore, irrinunciabile in certi momenti.

In conclusione il carbonaio di quartiere è scomparso, ma il carbone, scoperto fin dall'antichità, continua ad essere utilizzato per quei riti dell'alimentazione che danno un sapore diverso alle pietanze.


Nessun commento:

Posta un commento