lunedì 18 aprile 2011

Don Mimi Santoro

Don Mimi Santoro

Qualche tempo fa scoprendo su Internet un sito dedicato alla città di Castellammare di Stabia, dopo aver fatto il pari e il dispari, scrissi anch’io la mia letterina telematica al Responsabile chiedendogli di pubblicarla nella speranza di rintracciare notizie su don Mimì Santoro che avevo frequentato negli anni della mia adolescenza.

Nella lettera, prontamente pubblicata, avevo tracciato un identikit della persona e fornito le coordinate del negozio dove esercitava la sua attività assieme alla famiglia.
E’ passato qualche anno dal 20 febbraio del 2009, ma di don Mimì niente. I visitatori del sito, non hanno saputo fare il miracolo di aprire le loro menti per rintracciare il ricordo di quest’uomo che tutti gli stabiese almeno una volta hanno frequentato.




Abitava in via Nocera sul lato destro della strada a 50 metri  dalla biforcazione con via Catello Fusco.
Aveva un negozio dove si vendeva un pò di tutto, ma principalmente spartiti di musica e raccolte di canzoni napoletane in edizioni Bideri.

Non era molto alto, ma aveva una verve che lo poneva all'attenzione di buona parte della popolazione e dei giovani con i quali veniva a contatto.
Sapeva suonare il mandolino, scriveva poesie in italiano e napoletano e ne aveva sempre le tasche piene che costituivano il suo archivio provvisorio.

Raccontava che in tenera età era rimasto orfano di entrambi i genitori, che era vissuto presso un sarto che lo
aveva accolto nella sua casa e che dormiva su un giaciglio posto sotto il bancone dove il sarto tagliava le stoffe che poi diventavano abiti  per i clienti che li ordinavano.

Da bambino era stato compagno di giochi di Raffaele Viviani  che prima di trasferirsi a Napoli con la propria famiglia frequentava la villa comunale dove il padre gestiva un teatrino all’aperto  dal nome Arena Margherita, posto nelle prossimità della Banchina d’’o si’ Catiello.  

Il racconto della sua infanzia non aveva fine, come anche gli altri racconti e tutte le chiacchiere che faceva tenendo banco sia con noi ragazzi sia con gli adulti che lo frequentavano.

Aveva acquisito negli anni una cultura che lasciava strabiliati. Citava l'Enciclopedia Treccani e tanti altri libri di moda in quegli anni e nella prima metà del novecento.

Quando lo incominciai a frequentare doveva avere più di sessantacinque anni. Era piccolo di statura forse supera appena i 150 cm, ma aveva sempre una postura che lo faceva sembrare più alto di tutti quelli che lo accompagnavano nelle sue passeggiate.

I disagi che aveva avuto fin dall'infanzia per essere rimasto orfano in tenera età, diventavano nei suoi racconti, una storia affascinante perché sapeva trasformare le disavventure in avvenimenti che finivano col divertire l'auditorio come se fossero state delle comiche, come le sue prime avventure amorose giovanili, ecc. ecc.

Lo persi di vista quando mi allontanai da Castellammare per il servizio militare e poi per il lavoro che mi portò prima a Torino e poi a Roma dove ancora risiedo.
I miei ritorni, sempre troppo brevi, non mi consentirono di rintracciare sue notizie fino a dimenticarlo per qualche tempo.

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