domenica 27 febbraio 2011

Agricoltura e cucina

Filosa: Gli orti di Schito - Olio su tela - cm 40/50


Il Carciofo Violetto di Castellammare
Campania



I carciofi sembrano tutti uguali eppure ce ne sono tante varietà. Le diversità stanno nella grandezza, nella forma, nel colore e nel sapore che invece bisogna accertare gustandolo.
Abito, ormai, a Roma dal 1972, dove appresi del carciofo alla giudia, della bonta del carciofo romanesco e delle modalità di cucinarlo, ma un girono che mi trovavo nella piana di Latina per motivi di lavoro, in un momento di stanchezza mi fermai a guardare il campo sterminato di carciofi che mi stava davanti.
Una voce dal campo mi sorprese e mi richiamò alla realtà. Che hai bisogno di carciofi ?Ed io in risposta: - Perché li vendi ? La risposta fu di quelle che non lasciano dubbi: - E che stò a perdere tempo ? Questi so’ buoni. E via con tutte le qualità e le bontà del prodotto. Questi so’ i Castellammare.
Non potevo non chiedere: Che cosa sono ?  I Castellammare, i carciofi della delizia. Quanno te li magni, ti senti n’atu tanto. Comme se dice ? So’ nu zucchero.




Era stato il nome di Castellammare che mi aveva fatto trasalire. Castellammare di dove ? Gli chiesi. Chella ‘e  Napoli, fu la risposta. Perché tu di dove sei ? Mancò poco che me li regalasse.
Ne avevo mangiati tanti negli della mia fanciullezza cucinati in tutti i modi possibili apprezzandoli sia per il modo in cui era stati preparati sia per la loro bontà, ma non sapevo che i carciofi di Schito era una qualità a parte e cosi apprezzati.
Oggi che ho un po’ più di tempo da dedicare a tutte le cose che mi hanno accompagnato e reso quello che sono, mi son messo a scrivere questa nota per testimoniare le qualità che questi carciofi posseggono come ho fatto già qualche giorno addietro nel commento che ho lasciato sul blog “ Il gusto dei ricordi” della carissima amica Cinzia Cripe  il
“ Cara Cinzia, mi hai ricordato i carciofi di Schito e non posso far finta di non capire. L’aroma che diffondono nell’aria durante la cottura sulla brace mi porta ad uno stato di grazia che esalta tutte le sanzioni che da essi derivano nel momento della consumazione. Il pensiero é catturato dalla delizia che rappresentano e che non può essere compreso da chi non li ha mai mangiati o degustati.
            Il carciofo alla brace deve cotto con attenzione e con amore, riempito solamente di prezzemolo, aglio e un tantino di sale  e olio d’oliva dopo la cottura a pulizia avvenuta.
           I fumi che esalano dai terrazzini, dai balconi, dalla strade non sono segnali di fumo come quelli dei pellerossa, ma quelli dei buon gustai che non sanno rinunciare ad un boccone così prelibato come i carciofi di Schito sempre teneri e gradevoli anche crudi all’insalata, irrinunciabili in tutte le ricette che li utilizzano e li propongono come alimento in quanto non solo deliziano il palato, ma faciltano anche il ricambio e la cura del fegato in modo piacevole.”

                                                                                        G. Ruocco


     È conosciuto anche come “carciofo di Schito”, per il nome della frazione di Castellammare di Stabia considerata, già in epoca romana, particolarmente vocata all’orticoltura.  Prova ne è che la zona, non lontana da Pompei, era identificata con il toponimo “orti di Schito”.
     Il carciofo di Castellammare è un sottotipo della varietà Romanesco, da cui si differenzia per l’epoca di produzione anticipata e il colore delle bratte, verdi con sfumature viola. La precocità è data dalla particolare mitezza del clima e dall’abitudine di rigenerare le piante ogni anno. All’epoca della ripresa vegetativa vengono scelti i migliori carducci, i germogli erbacei laterali che spuntano tutt’intorno alle piante madri, prelevati insieme a piccole porzioni di rizoma e trapiantati a dimora.
     Un’altra particolarità è data dall’antica tecnica colturale, tradizionalmente associata a tale varietà. Era uso, infatti, coprire la prima infiorescenza apicale (mamma o mammolella) con coppette di terracotta (pignatte o pignattelle) realizzate a mano da artigiani locali. La protezione dai raggi del sole, assicurata dalla pignatta nella fase di accrescimento del carciofo, lo rende particolarmente tenero e chiaro.
     A Castellammare ha un legame forte con la tradizione della Pasqua, che normalmente coincide con il periodo centrale della produzione. In particolare, il carciofo arrostito nella brace è il piatto simbolo del lunedì di Pasquetta. Si usa il carciofo intero, posto direttamente nella brace di un barbecue. Quando è cotto (dopo circa mezz’ora) viene ripulito delle foglie bruciacchiate, condito con sale, pepe, prezzemolo, aglietto fresco e un filo di olio e consumato in abbinamento agli insaccati della tradizione contadina (in particolare dei Monti Lattari): salame e soppressata.
     Il Presidio - La piana che dalle pendici del Vesuvio si stende fino a Castellammare e Sant’Antonio Abate, è storicamente uno dei centri di riferimento per l’orticoltura del centro-sud Italia. Nel periodo di raccolta le mamme sono molto ricercate sul mercato napoletano per la grande qualità organolettica, mentre i carciofini più piccoli sono poi usati per la trasformazione sott'olio.
     Area di produzione
Comuni di Castellammare di Stabia, Gragnano, Pompei, Sant'Antonio Abate, Santa Maria La Carità (provincia di Napoli).
     Stagionalità
La raccolta si effettua come primizia da fine febbraio ad aprile/maggio, il periodo centrale della produzione coincide con le festività pasquali.

                                                                                                       
Liberatoria: Ufficio presìdi Slow Food Italia
Info Presidi - Slow Food
Il giorno 23/feb/2011, alle ore 15.06, Ruocco Gioacchino

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